Il Seccatore
Che gran bella giornata quel mercoledì di marzo. Il sole inaspettato aveva sciolto di buon mattino la gelata notturna e faceva capolino tra le dolci brume, foriere di una primavera forse precoce. Ed era il mio giorno libero!
A metà mattinata calai dalla Pacevecchia al Corso, desideroso di prendere un caffè con qualche buon amico e fare due chiacchiere suscettibili di diventare quattro. Mi guardai intorno a trecentosessanta gradi. Poco lontano scorsi Nicola , avvocato e mio ottimo amico. Spesso si ferma a salutarmi. Quel giorno filava a passo di garibaldino e mi gratificava col suo miglior sorriso sotto i baffetti da damerino. Poco dopo mi incrociò Don Aristide, frettoloso, mani sulle parti molli, e via! A questo punto è la volta del politico: toccata e fuga (novello Beethoven). E qui la folgorazione! Ma vuoi vedere che niente niente io sono un rompiballe?
O me meschino, o me tapino ora che ho perduto le mie classi, costrette ad ascoltarmi per legge,o me meschino, i miei amici, vedendomi, guizzano come pesci sorpresi!
Ho deciso: mi rivolgerò ai classici per chetare l’inquietante “essere o non essere”! Detto fatto: IX satira di Orazio. Attacca così: «Me ne andavo secondo il mio solito, a zonzo per la via sacra, rimuginando non so che inezie, tutto immerso in quelle, quando mi raggiunse un tale che io conoscevo solo di nome e, afferratami la mano: “Come va carissimo?” (…) Poichè mi si mette a fianco, lo prevengo: “Hai qualcosa da dirmi?” Ed egli: “Vorrei che mi conoscessi, sono letterato anch’io” (…) Mentre egli cicalava di mille cose e lodava la città e i sobborghi, visto che non gli rispondevo: “Fai di tutto per svignartela, me ne sono accorto da un pezzo; ma è inutile, non ti lascio, verrò teco, dove sei diretto?” (…) Eravamo giunti al tempio di Vesta, ormai passate le dieci. Egli per caso, avendo già dato malleveria, doveva presentarsi in Tribunale; non presentandosi avrebbe perso la lite (…) “Sto in dubbio”, riprese, “se lasciar te o la causa”. (Orazio) “Me, me per carità !”. “Non lo farò”, concluse, e tirò dritto. (…) Ma ecco venirci incontro Aristio Fosco mio caro amico e buon conoscitore di quel tomo. Ci fermiamo (….) io comincio a scuoterlo, a palpargli con la mano le braccia insensibili, facendo segni, strizzando gli occhi perché mi liberi. Quel burlone in mal punto fa finta ridendo di non capire. (…) Fugge il briccone e mi lascia sotto il coltello. Per buona sorte si fa incontro al mio persecutore l’avversario e l’aggredisce: “Dove vai sciagurato?”. Egli lo trascina in tribunale: d’ambo le parti si leva un putiferio. D’ogni canto accorre la folla. Così Apollo mi diè scampo!».
Amici lettori, sapete, io poi ho appreso che quella mattina, l’avvocato aveva fretta dovendo discutere una causa importante e vi era pericolo nel ritardo. Don Aristide “c’ha la prostata “ ed è sempre in corsa per guadagnare un angolo riposto e il politico, tanto per cambiare, doveva presentarsi al giudice perché inquisito. Ma a me il dubbio è rimasto: ma vuoi vedere che niente niente io sono uno strarompi?!
Domenico Rossi
